
Il fiume, Pablo Neruda
Io entrai a Firenze. Era
di notte. Tremai sentendo
quasi addormentato ciò che il dolce fiume
mi raccontava. Io non so
ciò che dicono i quadri e i libri
(non tutti i quadri né tutti i libri
solo alcuni),
ma so ciò che dicono
tutti i fiumi.
Hanno la stessa lingua che io ho.
Nelle terre selvagge
l’Orinoco mi parla
e io capisco, capisco
storie che non posso ripetere.
Ci sono segreti miei
che il fiume si è portato
e ciò che mi ha chiesto lo vado facendo a poco a poco nella mia terra.
Nella voce dell’Arno riconobbi allora
vecchie parole che cercavano la mia bocca,
come chi ha mai conosciuto il miele
e poi ne riconosce la delizia.
Così ascoltai le voci
del fiume di Firenze
come se prima d’essere m’avesser detto
ciò che adesso ascoltavo:
sogni e passi che mi univano
alla voce del fiume,
esseri in movimento,
colpi di luce nella storia,
terzine appese come lampade.
Il pane e il sangue cantavano
con la voce notturna dell’acqua.
Pablo Neruda fu a Firenze nel 1951. Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto – in arte Pablo Neruda in onore dello scrittore e poeta cecoslovacco Jan Neruda – fu una tra le più importanti figure letterarie del ‘900, e ricevette il premio Nobel per la letteratura nel 1971. Ispirato dal fiume e dalla città, dove approdò nel 1951 in uno dei suoi viaggi come esiliato dal Cile, compose due poesie che furono in seguito ripubblicate per i 40 anni dalla morte (1904-1973).