Luci a gennaio
Il 2 Gennaio 1839 il Granduca di Toscana Leopoldo II sottoscrisse una concessione ventennale alla Società Francese Cottin Jumel Montgolfier Bodin per l’illuminazione a gas della città di Firenze. Nel 1844 lo stesso Leopoldo II concesse alla Società un terreno lungo l’Arno, allora navigabile, nei pressi della Porta San Frediano, zona del Pignone, per impiantare le officine del gas. Si trattava di una posizione strategica per l’attracco dei barconi provenienti da Livorno carichi di carbone fossile inglese necessario al funzionamento dei forni di alimentazione e trasformazione, attraverso i quali veniva liberato il gas.
Il Primo Settembre del 1845 venne realizzato il primo esperimento di illuminazione pubblica a gas nella Città di Firenze. L’evento si svolse in Via Maggio, la strada più vicina a Palazzo Pitti, residenza del Granduca. Quel giorno i Fiorentini si riversarono in massa nella via, già sognando una nuova era, che avrebbe potuto portare ad un agognato aumento della fruizione delle ore serali, condizioni di maggiore sicurezza e una poetica visione di panorami notturni fino allora mai visti.
La Società di distribuzione garantiva che, alla distanza di otto metri dal punto luce, si potesse leggere qualsiasi scritto e così quel giorno i cittadini muniti della Gazzetta di Firenze, fecero capannello nei pressi dei singoli lampioni in attesa dell’accensione. Lo stesso Granduca, preposto a convalidare l’esperimento, si era appostato vicino ad un lampione con una lettera in mano pronta per essere letta. L’accensione dei lampioni avvenne e le esclamazioni di giubilo non tardarono ad echeggiare in tutto il Quartiere. Tutti furono in grado di leggere sui loro giornali ed il Granduca, annuendo con il capo, sollevò in aria la lettera in segno di approvazione.
Le cronache del tempo riportarono l’emozione della folla in quella memorabile serata ed anche nelle serate successive, nelle quali la “bianca luce costante“, che sostituiva quella fioca e tremula delle lampade ad olio, illuminava il paesaggio nel godimento e nella soddisfazione generale.
Dalle notizie che abbiamo a partire dal secolo XIV fino al XVII, l’illuminazione a Firenze era esclusivamente privata. Ognuno illuminava la propria casa a secondo delle necessità ed usava i combustibili allora disponibili in relazione ai mezzi economici che possedeva. Le torcere con stoppa, imbevute di grasso animale che provocavano fumo nero, erano quelle più comuni ed erano poste sulle facciate delle semplici abitazioni. Nei palazzi signorili Fiorentini le fiamme delle torce erano alimentate prevalentemente da oli vegetali oppure di balena con un minore contenuto di fumosità. Le torcere venivano accese autonomamente a seconda delle necessità di ciascuno ma in caso di gravi calamità, quali la peste, pericoli di brigantaggio e disordini, le Autorità Comunali intimavano a tutti i residenti ai piani terreni l’accensione obbligatoria per ottenere un’illuminazione notturna costante.
Anche i numerosi Tabernacoli posti in città, prevalentemente agli angoli delle strade, oltre che a testimonianza di fede e devozione, servivano ad illuminare le vie nelle ore notturne, attraverso i lumini votivi, alimentati ad olio o cera, concedendo ai cittadini maggiore orientamento e sicurezza. All’interno delle case popolari venivano usati i lumi ad olio contenenti grasso di sego, fumosi e puzzolenti, mentre nei palazzi si adottavano candele di cera ottenuta da alcune piante e in qualche caso addirittura cera d’api ed altre essenze. Inutile dire che la fumosità in questo caso era inferiore e l’odore non sgradevole. Tra il XVII e il XVIII secolo si iniziò ad illuminare le case utilizzando candele a base di olio di paraffina, migliorando la qualità dell’illuminazione, più pulita ed efficiente. Il lume ad olio si diffuse ancora di più verso la metà del Settecento quando, grazie all’uso dell’olio di oliva in sostituzione di quello animale ed anche grazie a modifiche dei contenitori e degli stoppini, fu ottenuta una fiamma più limpida ed un’attenuazione del fumo e dell’odore.
Nel 1783, Pietro Leopoldo I Granduca di Toscana, inaugurò la prima illuminazione pubblica ad olio della città, con l’installazione di lampioni, funzionanti con l’accensione di una fascia di bambagia imbevuta di olio di oliva. L’accensione era effettuata dai “Lampionai” del Comune che, muniti di una lunga asta con all’estremità uno stoppino acceso, andavano di lampione in lampione ad incendiare il combustibile. Naturalmente data la breve autonomia dell’olio, i lampioni venivano spenti alla mezzanotte dagli stessi “Lampionai”. Si pensi che nei primi decenni dell’Ottocento la diffusione dei lampioni in città, aveva raggiunto un numero superiore alle cinquecento unità. Verso la metà del XIX secolo apparvero le prime lampade a petrolio, alimentate da cherosene ed in seguito quelle a carburo funzionanti con acqua e carburo di calcio che, producendo gas acetilene, provocavano una fiamma più intensa e luminosa.
Dopo la già citata illuminazione a gas, di cui abbiamo parlato all’inizio, si giunse infine alla scoperta dell’elettricità con conseguente invenzione nel 1880 della lampada ad incandescenza da parte di Thomas Alva Edison. L’illuminazione elettrica fu inaugurata a Firenze il 12 Maggio del 1887 giorno dei festeggiamenti per la nuova facciata della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Un giornale dell’epoca descrive così la cronaca di quell’emozionante giornata alla presenza del Re Umberto I di Savoia, della Regina Margherita e rappresentanti del governo e del parlamento: “Un gran fascio di luce partiva dall’angolo estremo del Ponte Vecchio verso il Lungarno Acciaiuoli, si gettava con vaghissimo effetto sul palco reale e si ribatteva sulle acque. Il Palazzo Vecchio e il Duomo erano artisticamente illuminati a trasparenza e le eleganti e maestose linee della Torre e della Cupola spiccavano luminosamente sul fondo nero del cielo. Illuminate elettricamente erano anche alcune delle vie più rinomate della Città e i fiorentini quella sera scoprirono quanto la nuova luce fosse migliore di quella incerta e tremula del gas”.
Inutile dire che l’affermazione della luce elettrica fu la vera rivoluzione del secolo. Contribui a diminuire ulteriormente la differenza fra il giorno e la notte, favorendo una maggiore fruibilità delle ore notturne e modificò profondamente in positivo la vita sociale, artistica e lavorativa di tutte le comunità.
Per gentile concessione di Silvano Caciolli www.gogofirenze.it