Firenze e il Battista: la costruzione di una identità civica

Firenze e il Battista: la costruzione di una identità civica
Firenze e il Battista: la costruzione di una identità civica

24 giugno

Per Firenze questa è una data solenne, è il giorno in cui si celebra la festa dedicata al suo santo patrono: Giovanni Battista.

Ma come e quando nasce questo legame fra la città del giglio e il precursore del Cristo? Scopriamolo insieme!

Le notizie più antiche

Le prime notizie di una tradizione legata al culto per Giovanni Battista risalgono agli anni 931-946 quando è documentata la registrazione del pagamento annuo, nell’ottava della ricorrenza, degli interessi sulle cessioni di terre fatte dalla chiesa vescovile.
Al 1127 appartiene invece la prima attestazione della obbligatorietà dell’offerta di cera e torce proprio il 24 giugno, giorno della festa: questa compare in un contratto, relativo ad alcune concessioni, stipulato fra il convento di Camaldoli e il vescovado fiorentino.

Firenze e il Battista: la costruzione di una identità civica
Firenze, Battistero di San Giovanni

Il XIII secolo

Nonostante l’antichità di questa tradizione, ancora alla fine del Duecento, e in particolare prima dell’emanazione degli Ordinamenti di giustizia del 1293, non vi è notizia che la celebrazione patronale si esprimesse altrimenti che con le processioni oblative: il lungo periodo che andava da calendimaggio a San Giovanni era caratterizzato da feste improntate al gusto cavalleresco e cortese (favorita dalla stagione solstiziale) la cui organizzazione era solitamente curata da grandi lignaggi e famiglie i quali, offrendo divertimenti e spassi ai concittadini, procuravano anche di rafforzare o di creare ex novo rapporti di alleanza e di consorteria con altre casate. Una delle prime menzioni di una corsa del palio per San Giovanni risalirebbe al 1288 quando i fiorentini, mentre cingevano d’assedio la città di Arezzo ormai sopraffatta, vi fecero correre il palio di San Giovanni e una gara di “asini colla mitra in capo, per dispetto e rimproccio del loro vescovo”.

Da quegli anni in poi la progressiva espansione territoriale della città portò ad enfatizzare il momento dell’offerta di cera al Patrono da parte delle terre sottomesse, con una sovrapposizione fra l’autorità vescovile e quella comunale tipica di quel periodo di transizione: a partire dal 1127, infatti, i patti di assoggettamento incominciarono a contenere regolarmente l’indicazione dei tributi da versare alla dominante nel genetliaco del santo Patrono. L’entità dell’offerta veniva precisamente ratificata dai patti di assoggettamento che ne sancivano anche il valore simbolico di gesto di accettazione della condizione di dipendenza dalla città di Firenze: nel caso di Empoli, sottomessa dai fiorentini nel 1182, la comunità dovette impegnarsi a pagare annualmente al governo cittadino 50 libbre d’argento e a offrire al Battista una pesante torcia di cera in segno di sottomissione.

La festa negli Statuti cittadini del 1325

La festa di San Giovanni venne solennizzata con l’istituzione di una processione oblativa alla quale, unica fra tutte le processioni legate a culti particolari, fu affidata la rappresentazione dell’identità cittadina. Di questo recano testimonianza gli Statuti cittadini del 1325 i quali definivano in maniera puntuale la composizione della rappresentanza laica della cerimonia, precisando che i cittadini di Firenze e di borghi e sobborghi dovevano offrire ciascuno un cero del valore minimo di dodici denari di fiorini piccoli, mentre il Podestà, il Capitano e Difensore, con i loro militi, giudici e notai, i Priori delle Arti e il Gonfaloniere di Giustizia dovevano recarsi alla chiesa di San Giovanni, il giorno della vigilia della ricorrenza patronale, portando ceri di valore adeguato alla loro posizione politica. Il medesimo giorno i sedici gonfaloni, vale a dire le società territoriali di origine popolare, dovevano sfilare ordinatamente – secondo il regime di precedenze stabilito nei capitoli delle società stesse – ciascuno preceduto dal proprio stendardo, e i cittadini che ne facevano parte recare ceri. Sempre il 23 giugno sfilava anche il corteo delle rappresentanze dei Comuni rurali e delle pievi del contado ciascuna con un cero di 12 libbre: tutti questi ceri venivano accesi davanti alla chiesa di San Felice in Piazza, da dove muoveva la processione, accompagnata dalle “tube e cennamelle” del Comune di Firenze e guidata da un membro della famiglia del Podestà e da uno di quella del Capitano e difensore, fino alla chiesa di San Giovanni.

La festa nelle fonti del XV secolo

Dalle cronache del XV secolo veniamo a sapere come la festa avesse ormai assunto una fisionomia più articolata: essa si svolgeva infatti in due giornate. Il 23 giugno, vigilia della ricorrenza, avveniva la cosiddetta «mostra»: l’esposizione all’esterno delle botteghe dei più pregiati manufatti fiorentini – stoffe di seta e d’oro, gioielli, tavole dipinte, armi –, e si svolgevano due processioni solenni. Al mattino sfilavano

“tutti i cherici e preti, monaci e frati, che sono gran numero di regole, con tante reliquie di
santi che è una cosa infinita e di grandissima divozione, oltre alla maravigliosa ricchezza
di loro adornamenti, con ricchissimi paramenti di vesti d’oro e di seta e di figure ricamate
e con molte compagnie d’uomini secolari che vanno innanzi ciascuno alla regola di quella
chiesa dove tale compagnia si rauna con abito d’angioli e con suoni e stormenti di ogni
ragione e canti maravigliosi, facendo bellissime rappresentazioni di quelli santi e di quella
solennità a cui onore la fanno, andando a coppia a coppia, cantando divotissime laude.
Partonsi da santa Maria del Fiore e vanno per la terra e quivi ritornano”.

All’ora del vespro sfilava la processione dei fiorentini laici “al ben comune uniti”  i quali “riccamente vestiti” che andava ad omaggiare il Patrono offrendo “alla chiesa di San Giovanni un torchietto di cera di libbre una per uno”.

La mattina del 24 giugno era dedicata all’offerta solenne delle magistrature cittadine, accompagnate dai rappresentanti dei territori sottomessi che recavano i censi: ceri di legname dipinto per le località di più antico assoggettamento, e palii per quelle più recenti o più importanti. Riuniti intorno alla gran Piazza della Signoria e compiuto l’atto di sottomissione, i rappresentanti dei territori sottomessi si muovevano in processione solenne verso il Battistero preceduti dagli organi di governo: aprivano il corteo i Capitani di Parte Guelfa, preceduti dal loro gonfalone, e i cavalieri fiorentini, insieme agli ambasciatori e ai cavalieri forestieri; seguivano i palii e i ceri di legname e le offerte di torchietti di cera dei contadini dei villaggi tenuti all’oblazione; poi i Signori della Zecca con il loro carro accompagnati dai matricolati delle Arti di Calimala e dei Cambiatori (direttamente responsabili dell’organizzazione della festa), ciascuno recante un torchietto di cera; poi i Priori e Collegi con Podestà, Capitano ed Esecutore degli ordinamenti di giustizia accompagnati, per maggiore solennità, da trombe e pifferi; per ultimi andavano all’offerta i barberi del palio, i tessitori di pannilani fiamminghi e bramanzoni stanziati a Firenze e dodici prigionieri del carcere delle Stinche, liberati per misericordia «a onore di San Giovanni». Nel pomeriggio, si svolgeva infine la corsa del palio.

Il percorso seguìto dalle varie processioni era quello della prima cerchia di mura comunali, con partenza dalla cattedrale di S. Maria del Fiore per quella religiosa e dalla piazza dei Signori per quelle laiche, compiendo così una sorta di annuale rifondazione rituale della città che, per l’occasione, veniva ripulita e addobbata nei giorni precedenti la festa, mentre la piazza di San Giovanni e le vie limitrofe venivano coperte, dall’Arte della Lana, con teloni di stoffa azzurra, detti «rovesci», recanti i simboli del Comune la cui funzione era soprattutto volta a nobilitare lo spazio rituale contribuendo a confermarne l’eccellenza rispetto alle altre zone cittadine.

Firenze e il Battista: la costruzione di una identità civica
Giovanni di Francesco Toscani, L’offerta dei palii a San Giovanni, (1425-1430 ca.), Firenze, Museo del Bargello

Di questi velarii rende testimonianza un elegante cassone dipinto che conservato proprio a Firenze, presso il Museo del Bargello: nella parte frontale del manufatto è infatti raffigurata L’offerta dei palii a San Giovanni dipinta dal pittore fiorentino Giovanni di Francesco Toscani (1372 ca. – 1430) intorno al 1425-1430.

Dalla metà del Quattrocento nella festa di San Giovanni compaiono i carri (o “edifizi” come vengono ricordati dalle fonti) dove i membri di alcune confraternite inscenavano episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento o realizzavano dei veri e propri tableaux vivants: questi elementi spettacolari, già ampiamente presenti nelle feste del 1439, divennero in poco tempo così invadenti che nel 1454 l’arcivescovo Antonino Pierozzi pretese, sotto pena di scomunica, che la processione degli “edifizi” venisse scorporata da quella religiosa: questo provvedimento portò ad una completa ristrutturazione della festa da parte del governo cittadino, che ne allungò la durata ufficiale (anticipando l’inizio con la mostra il 21 giugno e non più il 23), isolò la parata dei carri facendola scorrere la mattina del 22 e articolò in maniera più ordinata e visibile i cortei delle magistrature.

La festa di San Giovanni nel Cinquecento

Firenze e il Battista: la costruzione di una identità civica
Giovanni Stradano, La festa degli omaggi, (1562), Firenze, Palazzo della Signoria

A seguito del rientro dei Medici a Firenze sotto la protezione di Leone X (1512) e con la successiva istituzione del principato vennero introdotte alcune significative trasformazioni indirizzate a valorizzare la presenza del sovrano in particolare attraverso l’enfatizzazione dell’offerta a lui, prima che al Patrono, degli omaggi delle città del dominio. Fra le modifiche introdotte vi fu quella di inserire, nelle «offerte ordinarie» della mattina del 24, quattro spiritelli con travestimenti allegorici, e di bruciare sulla piazza di San Giovanni, la sera, dopo la corsa del palio, i ceri offerti dai territori assoggettati «che sono una bambocciata».

Sotto il principato di Cosimo I i festeggiamenti assumono una natura sempre più spettacolare dove rappresentazioni come quella che prevedeva la messa in scena della lotta fra Davide e Golia mirava a spostare il significato della celebrazione patronale da fulcro della rappresentazione dell’identità civica, quale era stata in età repubblicana, a occasione di divertimento elargito ai sudditi dal sovrano di cui si vogliono esaltare le virtù.

Il definitivo snaturamento del valore civico e identitario della celebrazione compiuto sotto Cosimo I si coglie bene dall’affresco del pittore fiammingo Giovanni Stradano che decora, insieme ad altre vedute di feste fiorentine, la Camera di Gualdrada in Palazzo Vecchio L’immagine raffigura il tradizionale momento delle offerte dei palii e dei ceri da parte delle località del dominio mettendo in evidenza un sostanziale mutamento rispetto allo svolgimento della cerimonia in età repubblicana: se in origine le oblazioni, prima di essere portate a San Giovanni, erano presentate alla Signoria schierata in ringhiera, ora esse venivano offerte direttamente al sovrano, solennemente accomodato su un trono imponente e in posizione di assoluto rilievo rispetto a quella delle magistrature cittadine, quasi schiacciate contro la facciata del Palazzo.

Credits
Nuova Cronica di Giovanni Villani, edizione critica a cura di G. Porta, Fondazione Pietro Bembo, Guanda, Parma, 1991, l. VIII, cap. CXXXII,
tomo I
L’“Istoria di Firenze” di Gregorio Dati dal 1380 al 1405, illustrata e pubblicata secondo il codice inedito stradiniano, collazionato con altri manoscritti e con la stampa del 1735, a cura di L. Pratesi, Norcia, Tonti, 1904
L. Bellosi, Il Maestro della Crocifissione Griggs: Giovanni Toscani, in Paragone, XVII (1966), 193, pp. 44-58
R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze, Sansoni, 1973
R. Caggese (a cura di), Statuti della Repubblica fiorentina, nuova edizione a cura di G. Pinto, F. Salvestrini, A. Zorzi, II, Firenze, Olschki, 1999, p. 5, e I
La festa di San Giovanni nella storia di Firenze. Rito, istituzione e spettacolo, Bicentenario della fondazione della Società di San Giovanni Battista (1796-1996), Firenze, Edizioni Polistampa, 1997
P.Ventrone, La festa di San Giovanni: costruzione di un’identità civica fra rituale e spettacolo (secoli XIV-XVI), in Annali di Storia di Firenze, II (2007): <http://www.dssg.unifi.it/SDF/annali/annali2007.htm>

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