Firenze 26 luglio 1343: viva la libertà!
Il 26 luglio di ogni anno, sulla facciata della chiesa di Orsanmichele (in antico San Michele in Orto), vengono issate le bandiere delle antiche Corporazioni delle Arti e Mestieri. Questa testimonianza vuole ricordare un episodio avvenuto il 26 luglio del 1343, giorno di Sant’Anna, quando le Corporazioni, le Autorità repubblicane e il popolo fiorentino, si ribellarono al governatore Gualtieri VI di Brienne, Duca d’Atene, obbligandolo a compiere una precipitosa fuga dalla città.
Gualtieri si fregiava impropriamente del titolo di duca, titolo che era appartenuto al padre dal 1308, poi perduto in seguito alla sconfitta nella battaglia del Cefiso contro la Compagnia Catalana. Gualtieri VI di Brienne, era già stato a Firenze nel 1326, quale vicario di Carlo di Calabria, inviato dal Re di Napoli Roberto d’Angiò, per pacificare la città a quei tempi sottoposta a conflitti interni che vedevano contrapposti ancora una volta Guelfi e Ghibellini.
Ebbene, alcuni dei più importanti magnati fiorentini, per incarico della Repubblica, riconoscendo al Duca i suoi trascorsi positivi, la sua esperienza in campo militare e la buona conoscenza dell’ambiente, lo invitarono a tornare a Firenze, perché potesse risolvere la grave crisi sociale che affliggeva la città, oltre ad affidargli le funzioni di capitano dell’esercito, in sostituzione di Ferrantino Malatesta, nella guerra contro i pisani, a difesa di Lucca.
La Signoria a vita
L’8 Settembre del 1342 Gualtieri VI di Brienne fece il suo ingresso in città accolto calorosamente dalla folla.
I cittadini, che in quel periodo stavano sopportando duri sacrifici per la pesante situazione economica, dovuta all’iniziale pericoloso scricchiolio dei grandi gruppi bancari e all’alto indebitamento che la Repubblica aveva sostenuto per la costosissima guerra del 1341 contro i pisani, videro nel Duca un politico capace di risolvere i loro problemi. Dopo pochi giorni dal suo arrivo, Gualtieri venne convocato dal Parlamento cittadino per consegnargli il diritto alla Signoria annuale della città. Ma egli, che aveva dispensato promesse di miglioramenti sociali ed economici ai salariati, in particolare ai lavoranti dell’Arte della Lana, riuscì a ottenere a furor di popolo, dopo un’animata e infervorata riunione di piazza, l’elezione a Signore a vita, malgrado che la Costituzione repubblicana fiorentina prevedesse l’assegnazione della carica ai soli appartenenti al priorato. Con il popolo dalla sua parte, Gualtieri volle tranquillizzare la Repubblica, i cui rappresentanti erano fortemente preoccupati, giurando di mantenere intatte le leggi, le istituzioni e le libertà.
Purtroppo ai fiorentini “mal gliene incolse”. Il principe Angioino, stabilmente al potere, pur avendo confermato alcune promesse fatte, con la concessione ai lavoranti delle Arti di costituirsi in associazioni di mestiere ed elargire qualche modesto aiuto salariale, assunse nel tempo un atteggiamento aggressivo e tirannico e tradì il giuramento fatto, cancellando molti degli ordinamenti e delle leggi vigenti. Non si contarono i soprusi nei confronti di tutti i ceti sociali con l’applicazione forzata di tasse e balzelli che, in realtà, servirono per arricchire il Duca stesso e i suoi fidi compiacenti. Il malumore dei fiorentini che avvertivano, oltretutto, la perdita del diritto più prezioso, quello della libertà, non tardò a manifestarsi. In città iniziarono a organizzarsi le prime congiure per rovesciare il tiranno, purtroppo male organizzate e in ordine sparso, tanto che provocarono l’incarcerazione di molti insorti fra i quali uno dei più importanti capi della rivolta, Antonio di Baldinaccio Adimari.
Ma il desiderio della popolazione intera di riconquistare la libertà perduta, per sbarazzarsi definitivamente dell’odiato persecutore, era più che mai forte e intenso. I congiurati, nel frattempo aumentati di numero e d’importanza, poiché vedevano nelle loro fila i maggiorenti delle Arti e le grandi famiglie nobili dei: Donati, i Pazzi, gli Albizi, i Medici, gli Strozzi, i Frescobaldi, i Bardi, gli Adimari e i Rucellai, si accordarono segretamente fissando la data per l’insurrezione al 26 luglio, 1343.
La rivolta
All’alba del giorno di Sant’Anna, i cittadini, compreso il popolo minuto, scesero in strada con armi, bastoni, sassi e tutto quello che poteva servire per combattere, al grido di: muoia il tiranno!, viva la libertà!. I rivoltosi, mettendo in atto la tecnica militare del tempo, alzarono barricate e steccati, posero, disseminati in tutta la città, blocchi ai crocevia e all’inizio dei ponti. Ciò permise la cattura di molti masnadieri del Duca che, colti di sorpresa, anche perché evidentemente non avvezzi alla guerriglia, furono feriti o uccisi e i superstiti fatti prigionieri. Migliaia di cittadini armati a piedi e a cavallo, recanti le insegne del popolo e del Comune, si radunarono davanti al Palazzo della Signoria intimando al Duca la resa. Gualtieri, nel frattempo asserragliato con alcuni suoi funzionari e guardie del corpo all’interno del Palazzo dei Priori, in un primo tempo pose un netto rifiuto sperando nell’arrivo di forze a lui favorevoli. Nei primi giorni di agosto arrivarono alcuni contingenti armati a sostegno, invece, dei rivoltosi, provenienti da Siena, San Miniato e Prato, inducendo il Duca ad arrendersi e rinunciare per sempre a ogni pretesa sulla città.
Nonostante che in tanti chiedessero la sua testa, le Autorità repubblicane tenendo conto della ragion di stato, per l’appartenenza del Duca alla parte Guelfa, essendo un Angioino, gli consentirono di fuggire scortandolo all’esterno attraverso una piccola porta del Palazzo della Signoria, ancora oggi visibile su via della Ninna.
Intorno al 5 agosto Gualtieri di Brienne giunse dai conti Guidi nel Castello di Poppi, dove venne sancita formalmente e definitivamente la rinuncia alla Signoria fiorentina.
Sant’Anna fautrice della libertà fiorentina
La data della liberazione dal perfido e brutale despota franco-greco, 26 Luglio 1343, fu festeggiata da tutto il popolo acclamando Sant’Anna “Fautrice della libertà fiorentina”. La devozione nei confronti della Santa, alla quale venne attribuita la protezione della città dal demone della tirannia, accrebbe con il tempo in città e nel contado, tanto da far sì che il 26 luglio venne dichiarata festa civile e religiosa, ricorrenza che per molti secoli è stata solennemente celebrata.
All’interno della Chiesa di Orsanmichele, sull’altare di sinistra, si può ammirare il gruppo marmoreo di Sant’Anna, la Madonna e il Bambino, opera di Francesco da Sangallo, commissionata dalla Repubblica fiorentina in ringraziamento per la cacciata del Duca D’Atene
Credits: Silvano Caciolli www.gogofirenze.it